Piove quando Sebastiano si muove dalla casa della ragazza. Da un'occhiata all'orologio: sono le tre e mezza del mattino. Sale in macchina, accende il motore e rimane lì un attimo, a guardare oltre il parabrezza come la pioggia è diventata fitta e impetuosa. Quando scopa con qualcuno, poi detesta dormirci assieme. E' ridicolo, è più forte di lui, ma deve andarsene.
Tutt'a un tratto, ovattato dalla pioggia che immerge lui e la macchina in un rumore crosciante, Sebastiano pensa che farsi una tipa che conosci appena è come viaggiare: c'è sempre qualcosa che si perde per strada. Pensa che dorebbe smettere, che non vuole più finire per sempre da qualche parte, che gli piacerebbe stare fermo, immobile, appoggiato a quel volante, sotto il rumore assordante della pioggia.
Ricorda l'espressione tenera del fratello, pensa a quello che gli ha detto la notte precedente, Ti farò morire in un modo bellissimo. Tanto che, poco dopo, sente salirgli dentro una tensione che non gli piace. La conosce bene e per questo non gli piace. E' quella vecchia sensazione di disfatta, quel giocare d'azzardo. E stare lì a misurare la tensione aumenta la sua ambiguità in modo esponenziale, mistificando le emozioni per vere.
Ma sono vere, cazzo! Però dipende dall'accettare la propria ambiguità s'egli questa notte vuole dormire di nuovo tra le braccia del fratello, e l'indomani svegliarsi accanto a quel corpo, senza il quale il tempo si ferma per una immobilità insopportabile.
Mirko è il corpo. Non sa se sono secoli, anni, o se lo ha lasciato da appena un minuto; quello che sa con certezza è che sente quel corpo opprimerlo come fosse un bene perduto. Lui ha bisogno di quel corpo, come si ha bisogno dell'aria per respirare, del cibo per vivere, e tanto più gli è lontano quanto più ne subisce la bellezza. Di colpo gli sembra di stare in macchina, fermo da una vita. Confronta l'orologio al polso con quello digitale sul cruscotto. Mette in moto. Sta lì ancora un po', poi gira lo sterzo e sgomma via.
Mirko sembra far parte di una scenografia rinascimentale, così disteso nel suo letto, nudo con le braccia penzoloni lungo i fianchi, le gambe divaricate e i piedi rivolti verso l'alto. Gli occhi chiusi, il viso rilassato, potrebbe appartenere per davvero a un bozzetto pittorico, se non fosse per l'altra figura, anch'essa nuda, che giù in fondo al letto abbraccia la parte inferiore del suo corpo e muove la testa in modo inequivocabile. Il piacere che Mirko avverte è grande, anche se non arriva al cervello. Resta bloccato là, a ciò che Christian sta facendo. Per un attimo apre gli occhi appena, e guarda l'altro poco più sotto.
Non riesce a immaginare cosa abbia riportato lì quel professore universitario di quarant'anni, sposato e con due bambini. È bastata sola una telefonata per spingerli di nuovo a letto insieme? La bellezza delle emozioni è che ci fanno smarrire, pensa. Perché fosse successo di nuovo, e proprio quella sera dopo un tempo discretamente lungo, Mirko non se lo è chiesto, né s'è guardato bene di domandarlo al professore; dopo tutto non gli importa sapere, a lui interessa sentirsi coccolato, amato, protetto.
E quel professore di filosofia ha nei suoi confronti una dolcezza straordinaria. Poi non vuole rischiare di finire a parlargli di Basti. Tuttavia Mirko non riesce a liberare la mente. Gli piace, è meraviglioso stare lì a fare sesso con il professore; sente di essere amato, e ha proprio la sensazione che quello che Christian gli sta facendo sia l'unica cosa che gli importa davvero.
Non riesce però ad abbandonarsi completamente al professore. Anche s'è stanco di stare in guardia, di cercare ogni volta il comportamento idoneo al raggiungimento del suo scopo. Ha la mente troppo affollata. Ma le labbra di Christian che gli scorrono lungo il pene e la lingua che va su e giù infilandosi ovunque… Beh, quello è davvero reale!
Il professore continua a fare del suo meglio. E' troppo coinvolto sessualmente con quel ragazzo, per non desiderarlo. Pensa ch'era molto tempo che non lo facevano. Alla fine non riesce ad abituarsi alla sua assenza. Mirko è meraviglioso, così dolce… Essere qui con lui, questo loro stare insieme, questa sensazione di piacere, questo appartenere l'uno all'altro, tutto questo gli sale dentro in un istante invadendogli la mente. E riprende a muoversi su e giù, aumentando il ritmo, con le labbra ben salde al sesso di Mirko.
All'improvviso il professore dirige la propria attenzione fuori della stanza. La mente va a quel giorno, non molto lontano nel tempo. Ricorda Mirko alla luce di quel lampione, una sera di giugno inoltrato, quando un caldo estivo si era già impadronito della città. Mirko era bellissimo nel suo travestimento abituale. Non aveva capito subito, Christian, quanto quel corpo di ragazzo dentro quell'abito femminile avrebbe potuto sconvolgere la sua vita. Rimase lì, lo spazio di un minuto, catturato dalla luce degli occhi di Mirko e due ore dopo si era ritrovato nel bel mezzo della notte a fare sesso nel letto di quel ragazzo, in un appartamento che gli sarebbe diventato famigliare.
E mentre si abbandona a quel ragazzo, adesso come allora, in preda a deliri sconvolgenti, ridotto in stato d'ipnosi, l'unica idea che lo tormenta è la sua condanna senza appello che lui sente reale, tangibile, e proprio per questo irrimediabilmente inevitabile. Ma ama Mirko, sconvolto dalla bellezza di quel corpo che eccita la sua fantasia, distrugge il suo mimetismo. Lo ama davvero, e ne è talmente rapito da mettere in gioco completamente la propria esistenza.
Per un attimo ha la strana sensazione di trovarsi accanto a un clone di lui ragazzo. Quella sensazione travolgente che ci coglie quando arriviamo in un posto che conosciamo bene, dopo essere stati a lungo lontani. Mirko è questo per il professore: famigliare ed estraneo. Ma lui non può sacrificarlo, lo ama a cuore aperto…
In quel preciso istante Mirko si sente invadere da un orgasmo devastante.... E non ci sono parole per descriverlo.