Il mercoledì della settimana successiva, Mirko incontra Luca. All'università. C'è andato per vedere il professore. Non si chiede Mirko chi è quel tipo. Né gli importa sapere se Luca è uno studente, un borsista, un assistente, o cos'altro ci sta a fare nell'ufficio del professore. Gli importa solo conoscerlo. E così fa. Grazie anche alla complicità del professore; egli si fida di quel suo studente, con cui sta lavorando a un progetto importante, e per il quale nutre una certa simpatia.

La sera dopo, Mirko lo ha di fronte, Luca. Sprofondato nella poltrona del suo appartamento. E lo trova davvero interessante – sì, un bel puledro purosangue – con quella sua aria accattivante e un tocco di sfrontatezza. Anche se un po’ giovane, troppo giovane, forse, se rapportato alle persone che Mirko frequenta abitualmente. Ma questo fatto non lo preoccuppa. Tuttavia è innegabile che Mirko cela un certo imbarazzo. La presenza di Luca inizia a turbarlo, un malessere subdolo e persistente molto simile alla sensazione di vuoto allo stomaco.

Dopo un piccolo controllo emotivo per assicurarsi di star bene e di essere in grado di gestire la cosa al meglio, sente per la prima volta di non essere in compagnia di un cliente. Avverte invece appieno la sensazione di essere lì con un amico. Un coetaneo con cui parlare, confidarsi, ascoltare musica e bere qualche birra. Anche la voglia di sesso non è così pressante; tutto gli appare molto normale, assopito ma normale, addirittura scontato nel suo lento accadere. Il fatto è - diciamocela tutta - che Mirko avverte, anche se inconsapevolmente, anche se a tratti, che quel ragazzo può rappresentare la sua occasione per provare a rientrare nella normalità, se di questo si tratta.

Così Mirko sta lì ad osservarlo, con uno sguardo talmente stereotipato da sembrare uscito da una fiction. Probabilmente aspetta invece il colpo di pistola dello starter che si nasconde nel suo cervello, pronto a scattare al colpo d pistola, con tutto ciò che ne consegue. Oppure è di nuovo alla ricerca di un temporaneo piacere sopra le righe, come il rubare una scopata ad uno sconosciuto, che con lo sguardo manifesta il suo essere cacciatore.

”Odio e amo. Forse ti chiedi come faccia. Non so, ma sento che questo mi accade; è la mia croce.” dice Mirko, all’improvviso.

“Catullo…” risponde Luca. “Non l’avrei mai detto.“ E gli lancia un’occhiata, come a chiedere conferma.

Mirko non dice niente, se ne sta lì in attesa del colpo di pistola dello starter. Che arriva all'improvviso.

“Io ti piaccio…” dice tutto d'un fiato. “Sì, io ti piaccio.”

L’altro non risponde subito. Ci pensa un attimo.

“Come lo sai?” dice un attimo dopo, palesando un certo d'imbarazzo.

“Si capisce dalla voce…” dice Mirko. “Si capiscono un sacco di cose, dalla voce. E la tua è una bella voce, da contralto. “

“No mi dire...” risponde Luca con ironia. “Non so… non ho esperienza in queste cose.” E gli sorride. Un sorriso complice, di quelli che in un istante ti scrollano di dosso tutto il male della vita.

Quali cose?” gli sussurra Mirko, pur avendo compreso bene dove l'altro vuole parare. “Io mi riscopro invece, ogni volta,” prosegue Mirco con un atteggiamento condiscndente, “felice ed eccitato come un moderno Cristoforo Colombo in vista delle Americhe…”

E rimase lì, sospeso per un attimo a soppesare le intenzioni dell'altro.

“Non sono sicuro di quello che troverò,” prosegue alzando di nuovo gli occhi verso Luca, “né di quello che vado cercando, prendo solo possesso di ciò che è in pasto ai miei sensi. Ho imparato che in un mondo di squali in cerca di deboli vittime, qualche volta il sesso ci dà vertigini, in altre ci rende luminosi... Forse trasgredire è semplicemente amare.”

Luca si stacca un attimo dallo sguardo di Mirko, e cambia espressione.

“Ascoltami,” dice, “tu ’hai un'idea di dove andrai a finire?”

“A finire?” chiede Mirko.

“Sì… perché fai quello che fai?” dice lentamente, scuotendo il capo e tenendo gli occhi chiusi.

Mirko tira su le gambe sul divano e appoggiò la testa alle ginocchia. Rimane in silenzio, accovacciato in quel modo, a giocare nervosamente con una sigaretta tra le dita. Poi guarda Luca.

“Un uomo senza paura,” dice con voce impostata, “è un uomo senza speranza.”
Accende la sigaretta e soffia lentamente verso il soffitto una nuvoletta di fumo blu. Fa un altro tiro, espira, quindi si lascia andare a un sorriso.

“La mia paura..." dice, "è quella di essere amato, quella di pretendere di essere l’unico. Ci si può anche distrarre e confondere, si può sentire un'enorme soddisfazione e libertà, un senso di onnipotenza che ci fa uscire allo scoperto... Altre volte ci incanaliamo in un percorso stretto, l'opposto della libertà, così che i pensieri riguardano solo l'amante, il momento in cui lo si rivedrà, quello che starà pensando e facendo... Succede sempre qualcosa quando meno te l’aspetti.”

“Be’...” dice Luca alzando le spalle, “si tratta di una reazione alla paura di legarsi, la concessione dell’ultima trasgressione. O forse non è amore. Però...”

Luca s' interrompe. Guarda Mirko dritto negli occhi. E con la profondità di chi non vuole giudicare ma osservare da lontano.

“…Però fottitene della gente che ti dice che sbagli...” prosegue. “Te ne devi sbattere del loro perbenismo del cazzo. Tutti i lividi che avrai tatuato ovunque sulla carne saranno solo vita… la tua vita! E la vita vera magari è propria quella che stai vivendo… Tu per vivere hai bisogno di sentirti lacerare dentro, sentire che la tua vita si spacca. Devi fottertene di tutti quelli che ti sputano addosso le loro piccole tristi verità del cazzo… Non smettere mai! E se un giorno dovrai farlo sarà solo perché l’avrai voluto tu, a modo tuo…”

Chiude gli occhi, Mirko. E per attimo ha la netta sensazione di avere incontrato il tipo giusto. Luca gli piace davvero, ha una presa straordinaria su di lui. Quindi se ne rimangono lì, a parlarsi ancora, per un tempo infinitamente lungo.

Nel frattempo le luci e i rumori della città si fanno progressivamente sempre più deboli, giungendo nella stanza attraverso la finestra aperta. Fuori inizia ad albeggiare.

“Adoro questo odore di estate, non so cos’è..." dice Luca. "È più una sensazione che un odore. Lo sento con la pelle, con tutto il corpo."

“Ti amo, Luca…” - si lascia sfuggire allora Mirko. “Non è strano? Soltanto ieri non sapevo neppure della tua esistenza… Adesso è come se sentissi di averti sempre amato. Forse…”

Mirko smette di parlare. Luca solleva lo sguardo, e gli sorride, con quel suo sorriso infinitamente dolce. E dice:

“Forse siamo fatti per stare insieme.”

Poi cala il silenzio su di loro, e nella stanza. Quindi quel che fa Luca è di alzarsi dalla poltrona e sedersi sul divano accanto a Mirko. Accende due sigarette. Ne prende una con la mano, tra il dito indice e il medio, e la infila dolcemente dal lato del filtro tra le labbra socchiuse di Mirko. Resteranno per un po’ seduti vicini a fumare, avvolti dal silenzio rassicurante della stanza.

Quando il giorno seguente Mirko si sveglia nel proprio letto, fuori è pomeriggio inoltrato. Ha la testa di Luca appoggiata al suo petto. Dorme il sonno tranquillo dell’eroe dopo la battaglia. Mirko prova un attimo di smarrimento, lì accanto a quel corpo nudo. All'improvvivo gli viene voglia di annusarlo e poi ancora di leccarlo, quel corpo che pare scalpellato da uno scultore del rinascimento.

Tutt’a un tratto sente che l’odore e il sapore di quel corpo non lo avrebbero mai abbandonato. Li avrebbe sempre tenuti con sé, fissi nella memoria. Qualsiasi cosa gli fosse potuta capitare. E questa sensazione scaturisce all’improvviso, con l’intensità e la forza del momento. Unico. Sublime.

Non so se avete mai provato in una volta sola, tanta sofferenza da non poterne più. Da non avere la capacità di andare oltre. Oltre la sopportazione fisica. Quando le cose perdono i contorni, nitidi, del loro significato. Quando tutto appare sfuocato e non si riesce a ragionare. E quando ancora le stesse persone che solo un istante prima erano apparse come le uniche per le quali valesse veramente la pena vivere, appaiono dopo insopportabili e prive di significato se raffrontate al dolore smisurato provato in quei momenti… Ecco, allora piangere rimane l’unica liberazione possibile. Al di là di ogni dimensione, oltre ogni vergogna.

Mirko lì, tra le braccia di Luca, desidera piangere in modo incontrollabile. Di un pianto che fosse davvero capace di liberarlo dalla costrizione al petto e alla gola. Dal profondo malessere di ansietà, di smarrimento che sente manifestarsi in quella condizione d'inquietudine, derivante dalla consapevolezza del divario tra il finito della propria condizione e l’infinito di quella dell’altro, tra la pochezza del proprio amore e le potenzialità di quello dell’altro. E allora piange. Forte, senza freno, esternando tutto il dolore fisico procuratogli dalla gioia, dalla commozione di essere lì, stretto a quel corpo che sa d’amore. Un sentimento intenso verso l’altro: grande, appassionato, socratico. E tutt’a un tratto Mirko comprende cosa significhi amare d’amore qualcuno.

 

Una notte di alcuni mesi dopo, Luca si sveglia di soprassalto in quello stesso letto. E' sudato e ha il cuore in gola. Gli batte forte, quasi a scoppiargli. Luca non muove un muscolo. Avverte la netta sensazione che Mirko lo sta fregando. Allora deglutisce. Probabilmente qualcosa come saliva mista a rabbia.
Aggrotta le sopracciglia. Mirko ha di nuovo passato la notte fuori.

Si scopre all’istante a pensare, seduto su quel letto nel quale ci ha scopato un sacco di volte con Mirko, che gli sarebbe piaciuto fare un lavoro in cui è fondamentale indagare. Come il giornalista o il poliziotto. Meglio il giornalista, si dice. Anche se sa di non averne il temperamento, né tantomeno la doppiezza e la velocità necessarie nel captare le situazioni e sfruttarle a proprio vantaggio.

“Bene, Mirko, mi hai fregato anche 'sta notte.” si dice con rabbia, dopo un momento. E abbozza un sorriso tirato. Poi rabbrividisce. “Be'... è finita!”

Non è la prima volta che Luca prova una sensazione del genere, ma ora non può accettare che Mirko abbia potuto farlo di nuovo. Eppure è così. Mirko è proprio il solito-fottuto-stronzo-senzapalle. E per la prima volta ha la certezza che non possono avere niente in comune; il suo vero io è quello di fare marchette. Non vuole rimanere un minuto di più in quella stanza. Decide di andare fuori. Respirare l'aria gelida della notte.
Si veste in fretta, e se ne va.