UN ATTIMO FIGURATO


CAPITOLO 1 (PRIMA)

È l’alba di un nuovo giorno, Un giorno particolare per Nico.

Un camion di grosse dimensioni lascia lentamente il parcheggio del deposito merci di unimportante hub di spedizioni. Alla rotonda prende l'uscita che porta fuori dalla zona industriale. Nico, un ragazzone di venticinque anni è alla guida. Michele, il vecchio collega e amico, è seduto sul sedile di lato.

 

Stacco. Tutto inizia sette anni prima. Siamo in una piazzola di sosta autostradale. È estate, una metà mattina di lugliinoltrato. Nico e Roy, diciotto anni compiuti, sono seduti sugli scalini dell’ingresso dell'autogril; lattina di birra in mano, t-shirt con grafica, pantaloni della tuta Adidas, un paio di New Balance ai piedi. Si osservano, e a intervalli regolari staccano lo sguardo per guardarsi intorno.

A vederli così, seduti uno di fianco all'altro, sono proprio due bei ragazzi, molto cool si direbbe oggi nel linguaggio giovanile. Nico ha la faccia squadrata da ragazzone schietto ed estroverso, fronte alta, sguardo vivace e sorriso a tratti sfrontato e irresistibile. Roy ha il volto allungato, quasi femmneo, velato da una leggera peluria bionda; gli occhi sono dolci, i capelli ricci e sempre scomposti di chi dà l’impressione di essersi appena svegliato.

“Non c’è bisogno che ti giustifichi” dice Roy aggrottando la fronte e cercando con lo sguardo l'approvazione dell'altro.

“Tu sei il mio migliore amico, però tutto è così complicato...”

“Così complicato, cosa?” Nico lo guarda, e accenna quel sorriso irresistibile. Poi gli mette il braccio intorno alle spalle.

Roy lo lascia fare. Nico si schiarisce la gola.

“Ti chiedi mai perché,” dice, “vogliamo bene a una persona piuttosto che a un’altra?”

Roy si gira, lo guarda. Poi distoglie lo sguardo passandosi le mani tra i capelli.

In quel momento squilla il cellulare. Nico lo prende dalla tasca dei pantaloni della tuta.

“Clara, dove sei?” risponde. “È più di un’ora, cazzo! grida.

Guarda Roy, il volto si contrae in una smorfia di rabbia. È in piedi di scatto.

“No, adesso hai proprio rotto. Clara, ce ne andiamo da soli!”

Interrompe la telefonata.

“Quella stronza si diverte proprio a crearci problemi...”, dice Roy.

Nico scuote la testa. Si mette di nuovo seduto, beve un sorso di birra dalla lattina.

“Tutto bene, con lei?” domanda Roy all'improvviso.

“Perché?”

“Così.”

“Così cosa?” dice Nico lanciandogli un'occhiata. “Mai che ti fai i cazzi tuoi.”

Poi gli domanda tutto d'un colpo:

“Che ti ha detto la tua sorellina?”

“Niente!"

“Allora stanne fuori, okay? dice con rabbia.

“Allora tu!”

Roy lo dice con un leggero sibilo in gola, sentendosi di colpo defraudato di una parte importante di sé.
Poi c’è silenzio tra i due. Solo il vociare confuso del parcheggio, e più in là il rumore delle auto e dei camion che sfrecciano in autostrada.

“Vedi Nico..." riprende Roy guardandolo, “è proprio questo tuo modo di escludere gli altri che mi fa incazzare, come se tu avessi paura.”

“Paura? Ma ti senti, cazzo, quando parli?” domanda Nico con la presuntuosa e indisponente sicurezza del più forte.

Poi accenna quel suo sorriso, e lo squadra lentamente dal basso verso l’alto come in un piano sequenza di un film.

“Roy, devi piantarla di sentirti responsabile di tutti i casini del mondo, okay?” prosegue un istante dopo.

È quell’okay, ripetuto già ben due volte, a mortificare Roy.

“Tu non sei il mondo” gli risponde. “Tu... ecco, io ti voglio bene. Okay?”

Adesso i due ragazzi si osservano a vicenda, sfiorandosi appena con gli occhi. Succede spesso ultimamente. E in questo loro sfiorarsi con gli occhi ci sono tutte le risposte che vorrebbero sentirsi dire...

 

Stacco. Quando Nico ricorda queste cose, visualizzandole davanti a sé come tanti fotogrammi di un film, il camion è già in autostrada da parecchie ore. È Michele a condurlo.

Anche adesso è estate, una metà mattina di luglio inoltrato, ma diversamente da allora, fa molto caldo.

 

Stacco. Di colpo Nico ha un nuovo flashback; gli appare in assolvenza da nero. Vede in soggettiva Roy in volto, che lo fissa; lo vede come se qualcuno avesse ripreso a filmare dalle scene precedenti in autogrill e poi, allargando dolcemente, spostasse l’inquadratura sui due amici, ora accostati ai pisciatoi di quell’autogrill.

Sono uno di fianco all'altro. La toilette è deserta.

“Io mi sono fidato” dice Roy, “mi sono persino inginocchiato davanti a te per dimostrarti quanto sei importante. Ma tu no! Tu... tutte le volte che credo di avere raggiunto un punto fermo, tu rimetti tutto nuovamente in gioco.”

Nico gira il capo alla sua sinistra, e lo guarda.

“Roy, io non rimetto in gioco proprio un cazzo... Se sento tirare troppo la corda, reagisco in modo sbagliato... Ma lo sai come stanno le cose...”

 

Stacco. Il suo flashback si disolve a nero, e con un movimento inatteso quanto rapido e un effetto amplificato di risucchio d'aria il regista di questo film, in fase di montaggio, ci mostra Nico sette anni dopo nello stesso bagno pubblico in autostrada.È in campo inquadrato di spalle; ma lui è reale e sa di esserlo, e lì a sciacquarsi il viso.

Solleva la faccia gocciolante; butta leggermenteindietro la testa, passandosi le mani bagnate tra i capelli. Si vede al centro dello specchio. Si osserva. E il farlo gli offre l'occasione per riflettere, di confrontare la sua immagine reale con quella di prima nel flashback.

In quell’attimo figurato ha un abbaglio. Riflessi nello specchio gli sembra di vedere lui e Roy com’erano allora - sette anni prima - lì a pisciare, e sente anche le voci e i rumori di fondo. Nico ha un momento di forte senso di smarrimento; è confuso, la vista si annebbia,una smorfia di dolore gli altera i lineamenti del viso.

Di scatto si allontana dallo specchio, si gira con un’ansiosa sincronia verso i pisciatoi. Niente. Nessuno. Solo lui e quelle immagini che lo stanno avvolgendo affannosamente...

Esce dai bagni, e corre via da lì.