
UN ATTIMO FIGURATO
CAPITOLO 3 (MENTRE)
Dopo essere stati in birreria con Roy quel sabato notte di sette anni prima, Nico e Clara sono distesi nella vasca da bagno. Le candele accese, dislocate qua e là, emanano profumo di incenso, a volte molto intenso e a volte delicato. Comunque c’è qualcosa di ineluttabile nel gioco continuo di luci e ombre in quella stanza da bagno; qualcosa che avrebbe segnato il futuro delle loro vite. Ma entrambi lo ignorano. Né lo possono immaginare.
Restano a lungo abbracciati nell’acqua, così vicini e cosi complici. Nico sente la pelle umida di Clara, e Clara sente il petto di Niko premere contro i sui seni. Si sorprendono, e se lo dicono più volte, di stare lì abbracciati, fuori dai casini del mondo. Ogni istante di quello stare lì insieme arriva dritto al loro cervello, a volte anche all'anima, anche se in attimi diversi e sensazioni diverse.
Due ore dopo, il suo corpo nudo abbracciato a quello di Clara che ordora ancora di sesso, Nico, in quel letto, si rende conto che tra due persone possono crearsi legami così stretti che per spezzarli si finisce solo col farsi del male.
“Come vorrei...” le dice “che questa notte durasse per sempre. Lo dice alla luce incerta di quella stanza, nell'intimità del momento, e gli viene voglia di farlo di nuovo. Si gira, e la bacia. I loro corpi premono l'uno contro l'altra. Fuori c'è la nebbia e fa freddo.
Stacco. In seguito, Clara e Nico non si vedranno per giorni. C'erano già stati brevi periodi di separazione. Quella volta, però, Clara ha delle premonizioni. Sarà dunque lei a farsi viva il mercoledì successivo. Lo chiama al cellulare.
La vediamo seduta sul bordo del letto, avvolta nell’accappatoio, nella penombra della stanza. Fuori è scesa la sera per i vicoli della città vecchia, e piove ininterrottamente da quasi due giorni.
“Tutto bene?” domanda lei con quel tono di voce di chi si immagina già la risposta. “Nico ci credi nel destino?” aggiunge.
“No” le risponde subito.
“Quindi credi al libero arbitrio...” fa lei.
“Penso che ci siano eventi che non possiamo modificare, per lo meno non completamente.” Poi aggiunge, dopo un attimo: “Tu no?”
“Se potessimo prevedere le mosse altrui,” prosegue lei quasi subito, “saremmo più facilitati. Potremmo evitare molti errori, vivere meglio, forse farci anche meno male. Mio dio, a volte mi sembra di soffocare...”.
A questo punto Nico crede di capire dove Clara vuole andare a parare. Ma non ha voglia di stare a sentire le sue paranoie. Nico è incapace di porsi correttamente nella prospettiva dell'altro. E taglia corto.
“E di chi è la colpa?”
“Tu mi chiedi di chi è la colpa? Cristo santo! Non ci posso credere...”
Poi arriva al dunque:
“C’è un’altra?”
Nico dice niente. Si infila in bocca una sigaretta, dalla parte sbagliata, ha un attimo di disappunto e sputa sul pavimento i frammenti di tabacco.
“Sei ancora lì?” chiede Clara. La sua bocca si stringe, la paura scende su di lei come un'ombra cupa... “Ci sei?”, urla.
Poi la telefona s'interrompe. Clara tira su con il naso. Sente degli spami. Chiude gli occhi. Si passa una mano tra i capelli. Il ronzio del silenzio nell’aria immobile della stanza si perde nel fragore dei suoi pensieri. Sicuramente c’è da qualche parte una spiegazione e se non c’è, soltanto l’incerto e il caso possono sostituirla.
Di colpo ha un tremendo mal di testa. Ha voglia di urlare. E lì seduta sul bordo del letto, avvolta nell’accappatoio, nella penombra e nel silenzio assordante della stanza, adesso Clara si chiede dove ha sbagliato. Si stringe in un abbraccio, cerca delle risposte ma non le trova, piange per sé ma piange anche per l’altro. È un pianto rivolto più verso dentro che verso fuori. Un pianto disperato. Prolungato. Inconsolabile. Tiene chiuse le palpebre.
“Perché io?” si dice in un attimo di lucidità.
Fa parte del nostro desiderio di essere in grado di spiegare il funzionamento del mondo, di rendere le cose più prevedibili e comprensibili, voler incolpare qualcuno. Proprio vero. Non amiamo infatti rimanere all’oscuro, incapaci di spiegare quello che ci succede. Questo ci fa sentire impotenti. Spesso si tratta solo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Anche nel caso in cui ci sia chiaramente qualcuno da incolpare. Basiamo la nostra esistenza sull’assunzione che la vita sia ordinata e prevedibile. Ma a volte capita che qualcosa di imprevisto cambi tutte le nostre aspettative, qualcosa che ci sgretolerà piano piano. Quando si tratta di rendersi conto di essere stati ingannati, poi, questo è doppiamente sconvolgente, dato che è il fatto stesso a portarci via la fiducia, a renderci arrabbiati e poi incerti, insicuri, spaventati...
“Derubati!” conclude tra sé e sé.
Già, e per questo è ancora più difficile trovare una risposta alla domanda Perché io? Questo atteggiamento è distruttivo, e non ci aiuta a migliorare la situazione, né ci aiuta ad accettarla. Se invece riconosciamo che non esiste una risposta a questa domanda, allora possiamo guardare avanti.
“Probabilmente è così” pensa Clara alla fine. “Probabilmente c’è bisogno di rassegnazione, e andare avanti”.
Ma Nico è la sua famiglia, la sua serenità, qualcosa su cui contare...
“...Ho bisogno di lui!”
Stacco.
Finalmente ha smesso di piovere. E intanto Nico non riesce a credere che stia accadendo di nuovo, e per davvero. Eppure è così. Solo qualche settimana prima vomitava addosso a Roy di averne abbastanza. E adesso è lì che ci sta scopando. La prima volta che l’hanno fatto, non sapeva neppure spiegarselo. Ora gli appare invece così naturale andarci a letto. Chi l’ha detto che i ragazzi sono coraggiosi?, si dirà in un attimo di scoramento. Il coraggio lui lo troverà con gli anni, sbagliando spesso strada. E ogni volta si dirà che è giusto così, perché la vita è così, mettere insieme ogni pezzo mancato di strada.
“Sai cosa?... No niente, lascia stare...”
E quel Sai cosa? Nico lo dice guardando Roy negli occhi per un istante, in quell’attimo figurato in cui Clara si rende conto di essere stata tradita.
Stacco.
Già, ma con chi? Lei continua a domandarselo in un modo sempre più compulsivo, seduta sul bordo del letto sfatto, avvolta nell’accappatoio, nella penombra assordante della stanza. Clara non può saperlo, e neppure riesce a immaginarlo. E fuma freneticamente una sigaretta dopo l’altra, come se il farlo l’aiutasse a comprendere, darsi una risposta, tesa, sperduta, le gambe strette fino a sentire male.
Già, ma con chi? Tutto il dolore e la rabbia sembrano racchiusi in quella domanda. E più continua a chiederselo più ha l’impressione di sprofondare maggiormente...
“Faremo i conti io e te... E saranno pesanti!”
E in preda a questa furia, crolla sul letto, esausta.