UN ATTIMO FIGURATO


CAPITOLO 4 (INTANTO)

Un pomeriggio assolato di una domenica senza senso e pressoché deserto, sul rumore cupo e continuo del motore una moto di grossa cilindrica percorre la città a grande velocità. Alla fine si ferma davanti a una palazzina di tre piani, appena fuori della città vecchia. Il ragazzo in sella si toglie il casco. È Roy. Dà un’occhiata intorno. Scende dalla moto, senza fretta. La sorregge sul cavalletto. Suona il campanello del citofono, il terzo della fila.

“Sì...” si sente la voce di Nico.

“Ma non dovevamo vederci?” domanda Roy.

“Credo di sì.”

“Quindi?”

”Quindi ho avuto altro da fare” taglia corto Nico.

in quel momento Roy si rende conto che niente è più recuperabile. Tutto è dannatamente compiuto.

“Fammi salire.”

“Meglio che te vai.”

“Nico...”

"Che vuoi?"

“Fammi salire... devo dirti delle cose.”

“Che mi devi dire?” si sente dopo un attimo.

“Apri sta cazzo di porta!” Urla Roy sbattendo il palmo della mano destra sul muro in mattoni.

“No, ho da fare...Ti chiamo io.”

Poi tutto tace.

Intanto Roy si sente così fragile nel fissare quel cazzo di videocitofono. Si sente come Robinson Crusoe sull’isola deserta, senza la minima idea di come si costruisce una capanna. A un tratto ha la rapida e desolata visione di se stesso, un cane abbandonato che resta disorientato ad ansimare. Sì, lui c'è cascato ancora una volta. Come un imbecille urlerà lì, in piedi, a guardare nulla e nessuno, e a dare calci insistenti contro il muro in mattoni.

Il piano era già formulato, ed era chiaro nella sua mente; si sarebbe vendicato di Nico, e lo avrebbe distrutto con il rimorso, e quando a questo odio si fosse poi aggiunto anche quello di Clara avrebbe chiuso il discorso con l'apoteosi della vendetta.

Questo capita alcuni mesi dopo la sera, successiva alla famosa telefonata, nella quale Clara e Nico si erano visti in birreria. È stato solo il caso a farli incontrare? Si chiederanno entrambi, un giorno più avanti nel tempo. Si risponderanno semplicemente che ci sono eventi e scelte che non si possono governare né modificare, al di sopra della nostra portata. A volte capitano e ci colgono impreparati, e possiamo solo reagire in modo per così dire imprevedibile, tutto qui!



Stacco.

Siamo all'interno della birreria. Nico è solo, rintanato nell'angolo accanto ai videogiochi. Ha sul tavolo due bottiglie vuote di quella buona birra jamaicana; una terza, mezza piena, la impugna con la mano destra. Il suo sguardo è più duro del solito, la bocca che ha stretta la sigaretta tra le labbra, la brace a contatto quasi della labbra, quelle labbra, l'unica parte del volto che non ha subito nessun cambiamento.

Clara è ferita, come chi ha subito una grande umiliazione. Nico alza lo sguardo e rimane in silenzio, buttando fuori lentamente il fumo che trattiene in gola. Si osservano, seguendo uno gli occhi dell’altro, ognuno senza sapere quale trempesta avrebbe incontrato e come l'avrebbe travolto.

“Vuoi una jamaicana?” domanda Nico alla fine. Si alza e scosta una sedia. Le fa segno di sedersi.

“Come cazzo fai...” dice Clara tutto d'un fiato, “a far finta che non sia successo...”

Dille la verità, e non cacciar balle, pensa Nico.

“Non è facile...” inizia poi lentamente, “quando sono con te sono sincero, davvero! Ci siamo solo io e te, però cazzo...”

“Però cazzo, cosa?” chiede Clara alzando la voce. Lo sguardo è aggressivo.

Adesso Nico si sente un animale braccato, e ha quasi un momento di scoramento, presagio di dolori, di sconfitte, di umiliazioni; già, basterebbe chiederle perdono, pensa.

“Però adesso... c’è anche Roy...” finalmente riesce a dirlo, le labbra strette, la voce tremolante, “e ho bisogno di lui...”

Nico scuote il capo e tradisce un certo imbarazzo. Adesso teme che quella risposta possa sfociare in un interrogatorio che lui non vuole e non è in grado di sostenere.

“Sì, del suo pisello!” controbatte lei.

Adesso Clara è furiosa.

“Ma porca puttana, con mio fratello! Ti rendi conto? A me non hai pensato? Dimmelo!” Ha un movimento rapido della mascella. “Come hai potuto pensare di infilarlo tra noi due e farla franca?”

Nico si morde il labbro e tace. Fa no con la testa.

Poi Clara inzia daccapo. E lì, in piedi, si muoveva come volesse aggredirlo.

“Non ci posso credere... Per tutto questo tempo ti sei fatto mio fratello, mi hai mentito e hai continuato a farlo prendendomi in giro... Cazzo credevi, che non me ne sarei accorta? Sei senza palle, fai schifo Nico!”

Di colpo lo stomaco di Clara si contrae con un dolore simile a quello di una morsa che stringe la parte superiore dell'adome. Abbassa le sopracciglia e solleva il labbro superiore, poi singhiozza come una bambina cui hanno portato via il suo peluche preferito, in modo sempre più complusivo piegandosi in avanti sul tavolino.

Nico si stupisce di scoprirsi cambiato. Non è più quel ragazzo insolente che abbiamo imparato a conoscere, quel ragazzo sicuro di sé e con l’aria da duro. Vorrebbe fare qualcosa per calmare Clara - in fin dei conti ha anche lui una sensibilità affettiva ed emotiva - poi pensa di peggiorare le cose. La rabbia è comunque una forma della vita, pensa. Tenta di avvicinarsi e stringerla a sé. Clara si divincola e gli molla un potente ceffone.

“Vattenne!” urla con voce soffocata. “Sparisci dalla mia vita.”

Nico tira un respiro profondo. Male non gliene aveva fatto, almeno così crede, almeno di proposito; e allora perché s'insinuava in lui la debolezza di avergliene invece fatto, del male, da costringerlo a scoprirsi e a sentirsi debole nei confronti dell'amica.

“Non so come sia successo...” dice serio. “Una volta Roy mi ha detto che quando siamo di fronte a un bivio, qualunque cosa si faccia, dopo proveremo comunque rimpianto e pentimento... Ma non c'è stata intenzionalità. D'un tratto Roy ed io ci siamo trovati a letto insieme. È stato sorprendente, tanto quanto scoprire una parte di me fino ad allora sconosciuta; già, l'avevo sempre vista come la cosa più innaturale che un ragazzo potesse desiderare, di farlo con un altro ragazzo... Ma con Roy è successo. Ho sentito che tra me e lui non c'era quella barriera infrangibile che mi ero sempre rifiutato di sfondare.”

Clara prova un senso di disgusto, ha lo sguardo duro da segnare  profondamente gli zigomi. E si piega in avanti dando l'impressione di voler scaricare a terra tutto il suo rifiuto emotivo non ancora giunto a coscienza.

Nico si sente disorientato. Si sporge verso Clara per confortarla, ma lei lo respinge con un rantolo rabbioso. Alla fine, siccome ci sono degli equilibri da rispettare e lui li sta pericolosamente alterando, Nico riprende a parlare.

“Sono stato tentato di dirtelo...” dice, “tu non immagini quante volte ho preso in mano il cellulare, ma non trovavo mai le parole per farlo...”

Clara ora è seduta su un sedia. Ha il busto curvo sul tavolo, le braccia distese in avanti. Scuote la testa.

“...Ho anche smesso di vederlo,” continua Nico, “ma la sua mancanza mi faceva stare male. Ancora di più, però, questa lontananza logorava tuo fratello... La faccio finita!, mi ha messaggiato l'ultima volta. Il suo bisogno di me stava diventando sempre più ossessivo, e il mio per lui...”

“No... cazzo stai a dire?” urla Clara, scagliandosi contro. “Vuoi farmi credere che l’hai fatto per mio fratello? Ma vaffanculo, Nico!”

Non sappiamo se Clara sia furiosa o abbia piuttosto dentro rammarico e un velo di commiserazione, tipicamente femminile, per questo ragazzo che ha amato ma che adesso stenta a riconoscere.

“Non ce la faccio più ad ascoltarti...” dice dopo un po', seduta di fronte a lui, con li occhi chiusi e il tono della voce forzato. “E' più forte di me!”

Tace per un attimo. Poi va avanti.

“Sai cosa credo?” dice Clara. “Credo invece tu sia un bugiardo, e voi due dei pervertiti...”, scandendo la parola.

Clara pare sempre più un animale ferito che perde sangue, e poco alla volta anche la vita. Nico dice nulla, non si muove. Solo i suoi occhi scuri cercano di penetrare quelli di Clara, poi si torcono in giro per un attimo.



Stacco. La macchina da presa stringe su Clara. L'immagine del suo volto è in primo piano. Tutto sembra già fatto, concluso, scontato. I suoi occhi hanno la tristezza della sconfitta. Li chiuderà dopo un po', setacciando nella sua anima quei pochi ricordi che ancora le sono rimasti. E si rivede in quel giorno di sole che scattaiola via inseguita da Nico e Roy; poi Nico che la raggiunge; loro tre distesi sul prato; e poi ancora Roy che dice quelle cose tremende; alla fine rivede lei, che fa l'amore con Nico, nella sua stanza, dove ora non c'è più traccia di quanto lì si sia consumato. Mi ami e non lo sai, si lascerà sfuggire in quell'attimo fuggente che fuori iniziava a piovere.



Stacco. La macchina da presa ritorna di nuovo nella birreria; inquadra Nico in primo piano, lo sguardo perso negli occhi di Chiara. Intorno a loro si sente solo il rumore ovattato del locale.

“Se mi sono comportato così...” riprende Nico da dove si era interrotto in precedenza, “è perché ti rispetto, volevo che tu non soffrissi. Sì, la cosa m’intrippava, e mi dicevo prima o poi finirà, perché dirglielo e farla stare male... Ma all’improvviso, ecco che tuo fratello fa sul serio e mi mette di fronte al fatto compiuto...”

La frase rimane sospesa. Si osservano per un attimo.

“Questa cosa...” dice, “avrebbe creato un legame ancora più forte fra noi tre, una complicità che avrebbe consolidato anche il nostro rapporto.”

La frase non ha in Clara l'effetto che Nico desiderava.

“Non posso crederci!” dice lei sempre più incazzata. “Io invece non capisco perché hai dovuto infilarlo tra noi due.”

Nico aggiusta quindi il tiro, prima per reazione e poi perché, passata la reazione, comprende che gli è rimasto davvero poco tempo. E rilancia l’ultima carta.

“Aspetta un attimo” le dice tutto d'un fiato. “Roy era geloso, ma nonostante tutti questi scazzi, alla fine ha capito che, se veramente mi voleva per sé, doveva lasciare spazio anche al tuo amore per me...”

Clara ridacchia. C'è una pausa che serve a tutti e due per valutarsi reciprocamente. Nico sa bene che dentro di sé Clara cova del fuoco.

“Ha voluto farci capire, credo,” riprende Nico, “che il suo essere gay, la nostra storia, scopare insieme, un ragazzo, non è come tradirti con una ragazza... Condividere il suo amore per me e il mio per te, non significava violare il nostro amore... piuttosto, in assoluto, voleva dire non calpestare e offendere la tua dignità di donna.”

E dopo questa presunta condanna senza attenuanti rivolta a se stesso più che a Clara, Nico si zittisce e rimane seduto per un attimo interminabile, sforzandosi di apparire l'opposto di quello che si sente dentro. Pesa comunque su di sé lo sguardo accusatorio di lei, e intanto pensa con quali pensieri e sfumature diversi dai suoi, Clara lo stia giudicando.

Clara non smette di fissarlo, i suoi occhi sembrano cadere, liquefarsi. Il suo collo si tende come quello di una puledra senza più redini e fantino. In quel momento le pare di sentire delle voci soffocate che la travolgono. Gira la testa verso la direzione da cui le sembra provengano. Credo di impazzire, sussurrerà tra sé e sé, in preda a un forte senso di oppressione che intanto inizia a stringerle lo stomaco. Tutto è già accaduto, molto tempo prima. E davvero non c’è più bisogno di coraggio...

Si, tutto è già accaduto.
Ma lei è già fuori dalla birreria quando lo pensa.