
UN ATTIMO FIGURATO
CAPITOLO 7 (PRIMA DELLA FINE)
Per quanto ancorata al presente la nostra mente ci spedisce nel passato. E rivedere Clara, per Nico, è stato come una vecchia mina, a lungo dimenticata, che viene fatta brillare e esplode a chilometri di distanza. La scossa viene registrata dal corpo. Clara gli ha dato una bella scossa. Solo, che ora, è una tensione di adrenalina e paura.
È trascorso un periodo abbastanza lungo, tanto che la immaginava cambiata, ed è stato uno shock quando le è comparsa davanti con la stessa pelle luminosa e lo sguardo radioso di sempre; ha visto quegli occhi stretti a mandorla muoversi avanti e indietro, morbidi e profondi. Anche la voce era la stessa, e il modo di camminare. Una forte scossa come quella che ha ricevuto, lo mette in allarme. Nico è ancora sotto il suo effetto; è ancora attratto da lei.
Lasciarla è stata la cosa giusta? Non sa rispondere a questa domanda. Forse non vuole rispondere. Tutto qui. Ha incasinato e truccato troppo le carte, sì certo. Ha mentito e non può più cambiare le cose, né porvi rimedio. Già. Si dice che il primo amore non si scorda mai. Si dice. Ma il suo sentimento per Clara è più complesso.
E lì, nel replay di quell’attimo figurato in cui la vede venirgli incontro sottobraccio a quel ragazzo, si rende conto anche se in modo velato, anche se in modo superficiale, di quanto con il passare del tempo si diventi più stanchi e protettivi e disillusi e, quindi, l’amore a generare vita da quelle macerie deve essere maggiore. Così non gli è facile togliersi Clara dalla testa, semplicemente deve smettere di venirgli in mente. A volte Nico si sente esuberante, chiaro, deciso. Altre, esausto e giù di morale.
Cosa vuole realmente? Riesce a immaginarsi di stare con Roy, con un ragazzo, per il resto della vita? Sì, si sono azzuffati, strapazzati, si sono amati, ma... E questo che realmente vuole? La risposta non gli viene come vorrebbe, semplice, immediata e affermativa. Anzi, dice niente. E si sente stanco. Stanco di pensare a Clara, a Roy, a entrambi. Vuole dormire. E, quell’attimo prima di prendere sonno, anche lui pensa la stessa identica cosa. Pensa che domani è un altro giorno. E si vedrà.
Ma ecco che quella risposta gli arriverà di colpo una notte, nebbiosa e gelida d’autunno. Lui rimane senza Roy. E senza Clara. Significa una sola cosa, che anche lui è morto. No, non troverà un amante, non sostituirà Roy. Non sostituirà neppure Clara, però.
Per quanto riesce a comprendere in quei momenti di mancanza di lucidità, di una cosa è certo: si sente assolutamente fuori gioco. Dovrà passare molto tempo prima che possa sentirsi pronto per un’altra occasione. Sempre che lo voglia. E sempre che il destino sia dalla sua.
Stacco. Ora, sul camion che attraversa la barriera in uscita del casello autostradale e riporta Michele e lui a casa, alla fine di questo viaggio Nico ha come una certezza. Che l’angoscia che dal giorno della morte di Roy non lo ha mai abbandonato, sta nel senso di colpa per essere sopravvissuto all’altro.
E Michele, che per l’atteggiamento di naturale pudore e quel senso di ritegno che sono propri dell'età, non ha quasi mai parlato per tutto il viaggio di rientro alla base, o meglio non è più tornato sull’argomento - troppo privato, troppo complicato, troppo tutto per lui; un tipo semplice, di quasi due generazioni più vecchio - lo guarda un istante prima di smontare dal TIR. E Nico ha un’espressione lievemente imbarazzata, come quella di Michele che gli dà una pacca sulla spalla.
Anche se, in cuor suo, il vecchio buon Michele - che ha sempre fatto il camionista guidando TIR in giro per l’Europa ma è stato anch’egli giovane, e sono momenti che ricorda con piacere e sa che questo avviene, in parte, perché non c’è nessun merito nell’essere giovani e nessuna colpa nel non esserlo più - vorrebbe trasmettere a quel ragazzone tutto il suo affetto. A volte il risveglio dei sensi di colpa - vorrebbe dirgli - sono una brutta cosa: attizzano gelosie, alimentano liti, fanno stare male e ci prendono alle spalle quando meno ce l’aspettiamo. Ma...
“A domani socio” gli dice semplicemente.
Poi gli strizza l’occhio come al solito, e gli fa segno col pollice su. E si allontana.