
UN ATTIMO FIGURATO
CAPITOLO 8 (ALLA FINE)
Nico si sveglia di soprassalto nel letto. A svegliarlo è il respiro del bufalo invisibile che gli appare spesso in sogno. Si passa la mano sulla fronte sudata. Si guarda attorno girando la testa con un leggero senso di inquietudine; i respiri continuano, li sente vibrare in tutta la stanza, incessanti, furiosi. Sicuramente lotta ancora per liberarsi dei suoi sensi di colpa, dei suoi rimorsi, sicuramente fatica e intanto muove lo sguardo alla ricerca di qualcuno che lui sa o forse immagina; e gli manca ogni minuto di più.
Clara gli dorme accanto. Rimane un momento ad ammirarla in silenzio. Il taglio dei capelli, corti e biondi, e la pelle chiara del viso non impediscono anzi aiutano a comprendere meglio che la sua bellezza, con il passare degli anni, è rimasta la stessa. Anzi, gli sembra più bella che mai. A Nico viene in mente quella cosa che si dice dei fiori, che quando sono finti si definiscono talmente belli da sembrare veri, e quando sono veri si definiscono talmente belli da sembrare finti. E così è Clara, per lui, vera o falsa che sia quella cosa sui fiori.
“Papà...”
La voce è quella di un bambino, un bel bambino; ha appena compiuto cinque anni. È in piedi di fronte al letto, esattamente al centro della stanza. Leggermente sporto in avanti, ha la fronte aggrottata e gli occhioni spalancati nella penombra della stanza.
”Pà... mi fai venire nel lettone? prosegue poi con voce bassa e incerta. “Ho fatto un sogno brutto brutto...”
Nico è seduto sul letto. Gli sorride.
“Anch’io Roy... anch’io” mormora.
Quindi allarga le braccia per accoglierlo. Di colpo il bambino si arrampica sul letto aggrappandosi al collo del padre.
“Sst, non svegliamo la mamma...”
Allora il bambino s’infila piano sotto le coperte. Si rannicchia vicino a Clara. Per un attimo Nico si gira verso di loro a guardarli, intensamente. Gli occhi si ravvivano. Si passa la mano sinistra sulla testa rasata, e s’inumidisce le labbra; sembra riflettere su quei respiri che continuano a vibrare nella stanza solo per lui.
Di colpo, il suono della sveglia. Nico si scuote. Allunga il braccio sinistro verso il comodino. Interrompe la suoneria con la pressione della mano. Guarda le cifre verdastre: le cinque. Prende il pacchetto di sigarette. Ne sfila una con la bocca, e la tiene stretta tra le labbra. Per un attimo ancora rimane lì, seduto sul bordo del letto. Muove lentamente il capo a destra e sinistra per sciogliere i muscoli delle spalle indolenziti, poi si alza.
Lo vediamo da dietro in boxer, andare verso la porta. Si ferma. Indugia un attimo. Si volta verso il centro della stanza. Adesso lo vediamo bene in faccia. Assonnato, la barba appena accennata, il fascino del condottiero. Ha nello sguardo quella luce che di solito apre tutte le porte, quella luce innata che fa sciogliere la gente.
E nell’istante finale in cui fissa il figlio e Clara dormire abbracciati, con quel sonno senza corpo che solo i bambini hanno, lo vediamo sopraffatto dall’emozione. In quell’attimo figurato, sprofondiamo nei suoi grandi occhi scuri, appena velati dal fumo della sigaretta accesa. Oggi è un altro giorno. Domani, si vedrà.
- fine -